Fat sögn ca j’ho fât
Daniele Casadio
Lorenzo Pasini
Stefano Tedioli
Alessia Tavacca
Clarissa Panbianco
Filippo Censi
Enrico Montanari
A cura di Martina Minto
con la collaborazione delle Associazioni Primola e Pro Loco Cotignola
04/10 – 10/11 2024
inaugurazione
venerdì 4 ottobre h 18.30
Quando sogni lo puoi fare indipendentemente a occhi aperti o chiusi e sentire o meno la tua presenza corporea. È certo che il sogno cresce dentro di te e ne scaturisce qualcosa di completamente istintivo, che va infine a proiettarsi nella memoria su una sorta di nastro fatto di immagini.
Talvolta, spezzoni di questi sogni si frammentano ulteriormente, tanto da lasciare impresso nella mente solo rapidi flash come residuo dell’intera storia.
Questo è il percorso della mostra fotografica Che nessun dorma! Fat sögn ca j’ho fât. Qualcosa da vedere da vicino, su cui soffermarsi e con cui trovare un proprio legame.
Non c’è niente di definito. Io ho dato a voi la mia visione trovando un ordine alle fotografie di Daniele Casadio, Lorenzo Pasini, Stefano Tedioli, Alessia Tavacca, Clarissa Panbianco, Filippo Censi ed Enrico Montanari, e ve la presento così come l’ho vista il 28 agosto mentre la progettavo al museo, diversamente da come l’avevo immaginata la notte del 23 agosto davanti al PC.
Sognare è quindi cibo di cui nutrirsi costantemente. Frequentando l’Arena delle balle di paglia in questi anni, ho allargato ulteriormente il mio concetto di realtà (grazie Mario) e quando mi sono trovata all’esposizione a ricordo di Claudio Montini mi sono lasciata cullare dai suoi sogni ad occhi aperti (grazie Claudio).
Detto ciò, sono sicura di una cosa: ciò che Mario Baldini e Claudio Montini hanno sognato, sono trama e ordito di un film di cui possiamo essere tutti spettatori, attori e interpreti a nostra volta.
E prendetela così: disfatela, ricomponetela, tagliatela dove e come vi pare, perché non c’è giusto o sbagliato, ma c’è solo la mia visione disponibile ai vostri occhi.
Occorre aggiungere un inciso: tutto ciò è stato possibile grazie agli scatti dei fotografi che hanno vissuto quest’estate l’Arena e grazie a Daniele Casadio, che ha sapientemente fatto del suo meglio (o del suo peggio) nella parte di capobranco e post-produzione delle immagini.
A Palazzo Sforza, dal 4 ottobre al 10 novembre, potrete entrare in una nuova realtà, un mondo magico nel quale trovare ciò che l’Arena crea collateralmente tutte le volte che esiste.
Martina Minto
“Scrivi qualcosa, quello che vuoi tu”, mi dicono Daniele e Martina dopo avermi fatto vedere una cinquantina di immagini molto belle di Daniele, Lorenzo, Stefano, Alessia, Clarissa, Filippo ed Enrico.
Scatti inconsapevoli ai margini dell’Arena delle balle di paglia.
Ci penso un po’ su.
Noi trascorriamo tanto tempo con i nostri fantasmi e le foto sono un po’ un sogno, nella vita.
Martina e Daniele hanno visto nascere i loro sogni guardando e selezionando le foto scattate in Arena.
Se li sono raccontati, li hanno messi insieme ed è nata la mostra Che nessun dorma! Fat sögn ca j’ho fât con diversi scatti fotografici, limati e puliti in post produzione da Daniele per far sì che l’immagine possa esprimere al meglio quello che ha dentro.
Ora, tu sei dentro Palazzo Sforza e vedi le foto sparse, cerca di andare oltre al primo sguardo, fermati, guardale da vicino, nei particolari e nell’insieme. Abbandonati, e sogna a modo tuo quel che succede in quelle foto.
Nei sogni non c’è razionalità, succedono cose impreviste.
Io posso solo dirti che ho visto i quadri sognanti di Claudio Montini diventare nella foto un sogno inaspettato ridipinto dalla natura.
Eppoi, Marco Cavallo sopra la colonna di rotoballe che non avevo mai visto, il bagliore lontano del Parataj immerso nel buio della notte, la scultura della mano di Megx vista con la lanterna di Coppi, un quadro di Caravaggio nel veliero, io con il martello dell’Asta delle balle in mano, che non credo di essere io, una processione di emigrati sull’argine, un lago con la gente capovolta che guarda la luna, il fantasma di una donna con bambino, una chiaroveggente solitaria che scruta un sentiero con la lanterna, un mago che sale al cielo in una nuvola.
“Ora, stai meglio?” mi chiedi.
Che ne so? Piuttosto, dimmi tu, stai meglio se cammini nudo su una strada a raccogliere margherite…
Alla fine di questo viaggio, mi sono immerso nella memoria dell’estate: dove sarà Marco Cavallooooo? Dove sarà Fitzcarraldo. Ritorneranno?
Dove si trovano ora le formiche del ponte, le onde dell’Oceano Pacifico dell’Arena, le lucciole che suonano, l’uccello nel canale che aspetta le carezze, la barca che sale sugli alberi, Il Museo Burri in una casa abbandonata?
Quando il sipario dell’Arena scende con il suo velo, restano solo i sogni che abbiamo incontrato, che s’incrociano in modo strano, mai fedeli alla realtà.
Sogno l’Arena con Carlo
Vedo in lontananza, in un pomeriggio d’Arena, un signore anziano, con rughe da vecchio e lo sguardo da bambino, che si aggira appoggiato su un bastone mentre si guarda attorno.
Mi si avvicina e mi dice: “a snucsegna ancora?” (Ci conosciamo ancora?)
Dopo un attimo di smarrimento, lo riconosco. E’ Carlo, di Hollywood Pizza di Godo!
Faccio un salto di gioia. “Carlooo. Ma sei tu?” Mi assale una gioia, come avessi incontrato il protagonista di “Una storia vera” di David Lynch, un 73 enne che decide di attraversare l’America per andare a trovare il fratello che non vedeva da una vita.
Si guarda attorno e mi ripete con due occhi accesi: “ma questa è una favola. E’ una cosa indescrivibile. Credevo fosse bella, ma non me l’aspettavo così”.
“Mo, mo, mo, non ho mica parole – prosegue – guarda questa capanna (Il Paratàj), quant’è bella?” Poi si sposta con gli occhi sulla cupola di canne di bambù: “fata roba, fata roba”. Guarda la distesa delle balle, l’argine del fiume e tutto il paesaggio dell’arena e mi ripete come un mantra: “ma questa è una favola, questa è una favola” e ride con la gioia che illumina il suo volto scavato.
Il sole batte e il suo sguardo si nutre di tanti “ooh, ooh”, così spontanei e sinceri, che me li trasmette dentro, come fosse la prima volta anche per me.
Tutti questi anni trascorsi a fare l’Arena, mi hanno immerso in un mio mondo che spesso è fatto di cose da fare. Lo stupore del luogo mi salta fuori alla notte quando da solo o con pochi amici mi abbandono alla vita.
Carlo è allegro e curioso, viene spontaneo fargli da guida.
Alla fine del viaggio, lo conduco fino alla capanna di Dem. Entriamo dentro, io e lui, separati dal mondo, guardiamo fuori dalla finestrella rotonda, e gli dico: “questa è la capanna per fare l’amore”.
Guarda tutti gli intrecci dei sarmenti e delle canne e sente quell’intimità della vita che gli svela un bello inaspettato. Come fosse l’ultimo desiderio, con una voce innamorata, mi dice: “come sarebbe bello fare l’amore qui”.
Alla fine gli chiedo: “Torni all’Arena, di notte?” “Sì, ci vengo senz’altro”.
Mario Baldini
Aperture museo:
venerdì 16.30 – 18.30
sabato domenica e festivi 10 – 12 e 15.30 – 18.30
Nel weekend della Sagra del vino tipico romagnolo:
Ven 4: 16.30 – 22.30
Sab 5: 10 – 12 | 15.30 – 22.30
Dom 6: 10 – 12 | 15.30 – 20
Nella giornata di sabato 12 ottobre, il Museo partecipa con Che nessun dorma! Fat sögn ca j’ho fât
alla 20° Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI (Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea italiani)
Per informazioni:
0545 908810 | 320 43 64 316
museovaroli@comune.cotignola.ra.it
www.museovaroli.it
L’ingresso è gratuito